13 aprile 2015
8 aprile 2015
Il viaggio in Rojava di 13 donne: primo giorno, i campi. Kurdistan turco.
Il primo giorno visitiamo i campi.
Tende bianche in deserti di polvere, o piantate nel fango.
Occhi dappertutto. Ragazzini incuriositi dalla nostra presenza si accavallano gli uni sugli altri per essere fotografati. Hanno occhi grandi e spalancati. Giovani donne ferme sull'uscio delle tende ci osservano. Alcune, occhi smarriti, tornano dentro al nostro passaggio. Altre ci vengono incontro, occhi fieri, di chi non si lascia annientare.
L'unica cosa che si può trovare qui sono gli sguardi delle persone. Non hanno altro: i loro occhi e una tenda. Qui il futuro non esiste.
Cosa ne è stato di quello che c'era fino al giorno che ha spazzato via la vostra vita? Dei vostri figli, delle madri e dei padri, delle sorelle, della casa, del lavoro?
Ci raccontano quel giorno perché sanno che per il mondo esistono solo quando ricordano.
Chi se ne curerebbe, se non stessero lì a dirci come è andata?
Cosa è successo, quanti sono morti, come li hanno uccisi? Decapitati? o bruciati vivi? Quante donne stuprate? Quante rapite? E tu cosa hai fatto?
Io sono scappata, sulle montagne, e scappando ho preso i miei figli, ma il più piccolo non ce la faceva, ho dovuto lasciarlo lì.Cosa è successo, quanti sono morti, come li hanno uccisi? Decapitati? o bruciati vivi? Quante donne stuprate? Quante rapite? E tu cosa hai fatto?
2 aprile 2015
Sfatiamo il mito del multitasking!
Balle! Smettiamola di raccontarcela così, di cedere alla lusinga.
E’ solo che siamo costrette, siamo allenate, siamo “adattate” alle circostanze.
E’ un merito che deriva dal doversi arrangiare da sole, un alibi che forniamo agli uomini, sollevandoli come al solito dalle loro responsabilità!
E’ una multipresa per il culo!
E ce la propinano bene."
Anarkikka
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