29 maggio 2015

Perché non ho denunciato

Oggi è il Denim day, la giornata istituita 15 anni fa dall'associazione Peace Over Violenze in risposta alla sentenza della Cassazione che in Italia assolse, nel febbraio del 1999, un uomo dallo stupro di una ragazza perché lei indossava un paio di jeans. E in questa giornata lanciamo la sfida di pubblicare articoli con lo stesso titolo: "Perché non ho denunciato" e cominciamo facendolo in prima persona sui blog del Fatto, il Manifesto, del Corriere e Lipperatura.

L'iniziativa è promossa da un gruppo di giornaliste (Luisa Pron­zato, Nadia Somma, Luisa Betti) che invitano tutte le altre, giornaliste e blogger, a fare proprio il titolo e l'immagine. E invita tutte le altre donne a raccontarsi rispondendo a: "Perché non ho denunciato."
































Io non ho denunciato perchè avevo paura, non volevo che fosse la mia vita a essere sezionata, lui era già riuscito a isolarmi da tutti, ero stata messa al bando, mi sentivo molto sola e impreparata ad affrontare i giudizi che, sapevo, inevitabilmente, sarebbero serviti a farmi a pezzi, a demolire la mia persona per proteggere lui. Ero giovane, convinta di avere mille colpe, con una bambina piccola da proteggere dagli sguardi degli altri. E, soprattutto, non volevo più avere a che fare con lui, non volevo più incrociare il suo sguardo, sentire le sue calunnie, ascoltare le sue offese, subire la sua violenza sottile e subdola. Non denunciarlo credevo fosse l'unico modo per liberarmi di lui. Invece, per anni ho avvertito su di me il suo sguardo, di giorno e di notte, ovunque fossi, ovunque andassi, con chiunque mi accompagnassi. Oggi non rifarei lo stesso errore, non gli permetterei di farla franca, forte di essere una persona nuova, con la consapevolezza che nulla di quello che ho subito fosse colpa mia, e con l'aiuto, sono certa, di una società che sta cambiando, che inizia a riconoscere i violenti per quello che sono.

Anarkikka

Hanno aderito:
Anarkikka
Il corpo delle donne
Sesso, Genere, genere ... ma non da solo
Alberta Ferrari su L'Espresso
Non lo faccio più
Luigia Tauro

18 maggio 2015

Hunziker e Bongiorno, la PAS non esiste!

Domenica 10 maggio Michelle Hunziker, intervistata da Fabio Fazio, ha parlato della proposta di legge dell’avvocata Giulia Bongiorno che vorrebbe punire con il carcere chi si macchia di un reato basato su una malattia che non esiste: la PAS (Sindrome di Alienazione parentale).

“Quando i genitori si separano – aveva detto Hunziker – il figlio spesso diventa un’arma di ricatto, non solo il figlio soffre tantissimo perché non riesce più magari a vedere il papà, o addirittura viene talmente alienato, che gli viene una sindrome che si chiama PAS, che è una sindrome a tutti gli effetti che è una sorta di abuso, di violenza”.

"Un’affermazione, questa, che ha mostrato quanto la show girl ignori la vera origine e gli effetti della Pas: una malattia, come già ampiamente documentato, mai dimostrata scientificamente, dichiarata inesistente dal Ministero della Sanità, classificata come non utilizzabile nei Tribunali dalla sentenza di Cassazione sul caso del bambino di Cittadella (il minore trascinato davanti la scuola), assente nelle due maggiori classificazioni internazionali dei Disturbi mentali (DSM e ICD), non considerata dall’APA (American Psychological Association), dichiarata pericolosa sia dal National District Attorneys Association (Istituto di ricerca dei procuratori americani) che dall’Associazione Spagnola di Neuropsichiatri, e infine rifiutata in Italia dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici, la Società italiana di pediatria, l’Ordine degli psicologi della Regione Lazio e la Rete nazionale dei centri antiviolenza (DiRe)."
(cit. Luisa Betti)

L'affermazione di Hunziker ha scatenato un'ondata di proteste, appelli e comunicati, nella speranza che Fazio e la RAI si scusino e rettifichino un'informazione tanto scorretta.


Per contribuire alla protesta, si può partecipare all'iniziativa di mailbombing contro gli autori di Che tempo che fa, il conduttore Fabio Fazio e Doppia difesa, l'associazione di cui sono esponenti Hunziker e Bongiorno.

Il testo qui proposto è di Lorenzo Gasparrini, che potete copiare e inviare a:

raitre.chetempochefa at rai.it
chefuoritempochefa at rai.it
info at doppiadifesa.it
segreteria at doppiadifesa.it 


Spett. “Che tempo che fa” e “Doppia difesa”,

quanto successo domenica 10 maggio scorso, e raccontato nei particolari da questo articolo di Luisa Betti, è davvero imbarazzante e vergognoso.

Vedere avallato da una trasmissione televisiva popolare (nella quale la responsabilità di conduttore e autori, anche se palesemente ignoranti del tema in oggetto, non è scusabile in nessun modo) una tale mostruosità non fa che convincermi sempre di più che una battaglia civile sui temi dei femminismi, degli studi di genere, della parità di genere, contro le ignoranze e le ipocrisie di un paese arretrato come pochi al mondo su questi temi è sempre più necessaria – com’è necessario protestare in occasioni come questa.

La complicità, anche se involontaria, con una informazione scorretta non è più scusabile in nessun modo. Le informazioni ci sono, le competenze pure: chi si occupa di programmi televisivi di massa dovrebbe avere – non per legge, ma per propria etica professionale – molti più scrupoli prima di offrire microfono e telecamere a chi rappresenta, sul tema, solo una fazione i cui argomenti sono sconfessati addirittura dalla Cassazione (come si può leggere nell’articolo linkato sopra). Se vi serve sapere come una fazione arrivi ad avere dalla sua parte una proposta di legge e un programma televisivo, non mancano certo le conoscenze per spiegarlo. Basta avere, ripeto, lo scrupolo professionale di interrogarle. E’ paradossale che in un periodo nel quale qualunque chiacchierone pretende su media – ed è accontentato! – un “contraddittorio”, proprio su un argomento così complesso e doloroso si sia lasciata mano libera a una sola delle parti.

Non credo nella malafede – essa va provata, non la si denuncia a vuoto. Credo più nell’ignoranza e nella superficialità, che ne sono certamente i prodromi, ma che non sono reati. Sono solo l’ennesima dimostrazione che nella comunicazione pubblica la competenza e la conoscenza dei fatti su cui basare gli argomenti non sono richieste. La gravità di quanto accaduto sta qui: quello che è andato in onda non è stato presentato come un mero spettacolo propagandistico – ciò che nei fatti è stato – ma come informazione. E non lo è stata.

Milioni di persone che hanno assistito alla trasmissione – prive di competenza tra l’altro neanche particolarmente specifica – hanno assimilato concetti, spiegazioni e costruzioni sociali del tutto discutibili nel merito. Trovo tutto ciò gravissimo, tenendo conto che si parlava anche di vite di minori.

Ciò che vorrete fare in proposito – anche se non farete assolutamente niente – testimonierà della vostra buona fede e della vostra etica professionale.

«Quello che infatti succede in Italia, e che forse non tutti sanno incluso Fabio Fazio, è che sempre più spesso donne che denunciano violenza domestica e hanno i figli che non vogliono vedere il padre proprio perché vittime di violenza assistita o subita, si ritrovano accusate di alienare questi minori grazie alla Pas che serve a dimostrare che la violenza non c’è e che è in realtà si tratta di una falsa accusa in quanto è la madre che mette contro la prole nei riguardi del padre, e questo senza neanche ascoltare le ragioni del minore: una situazione che questa legge aggraverebbe mandando queste donne anche in prigione.»

Firmato...


Si può contribuire alla protesta anche via twitter, utilizzando gli hashtag #laPASnonesiste #noPAS, indirizzati a @DoppiaDifesa, @m_hunziker, @fabfazio, @chetempochefa.

Grazie,
Anarkikka

4 maggio 2015

Anarkikka è qui!

Ciao a tutt*.

Ieri sera ho avuto la cattiva notizia che Fb potrebbe chiudere la mia pagina. Con un messaggio molto generico, senza spiegazioni, mi si avvisava che la pagina di Anarkikka è in "verifica", perché segnalata da più parti per un non precisato "uso improprio" delle regole di Fb.
Non so cosa questo significhi, ma se la responsabilità fosse mia, sarebbe accaduto senza volerlo.



Quello che più fa male, è la brutta sensazione di sentirsi completamente vulnerabili e in balia di sconosciuti. All'improvviso tocchi con mano cosa significhi che Fb è una proprietà di altri, e che il tuo lavoro, il tuo impegno, la tua presenza sul social, sono una semplice concessione di persone che con te non hanno nulla a che spartire.

Questo mi spingerà sin da oggi, indipendentemente da come va a finire, a utilizzare più il mio blog che i social per condividere con voi il mio lavoro.

So che la cosa mi penalizzerà, che la visibilità sarà più difficile da ottenere, che molt* di voi potrebbero perdere la mie tracce, ma spero e confido che mi seguiate anche da qui.

Non sono abituata al lamento, ma provate a immaginare cosa provereste se un bel giorno qualcuno cancellasse con un click gli ultimi tre anni del vostro lavoro. Vi assicuro che è dura, e
questa attesa è logorante.

Ringrazio tutt* gli amici e fan che in queste ore mi stanno sostenendo e "virtualmente" abbracciando,
Anarkikka






13 aprile 2015

1 euro per sostenere il progetto "Le ragazze di Kobane"

Se apprezzi il mio lavoro e vuoi aiutare a sostenerlo, questo è il momento.

1 euro per sostenere il mio progetto illustrato Le ragazze di Kobane (il titolo è provvisorio).
In omaggio il file della tavola qui sotto, che potrai stampare quando vuoi e nel formato che desideri.

Il progetto racconterà in mostra il mio viaggio nei campi dei rifugiati del Kurdistan sfuggiti all'ISIS, con particolare attenzione alle donne sopravvissute all'orrore, e alle donne curde combattenti, che con grande coraggio hanno assunto in questa guerra un ruolo decisivo.

Racconterà della grande dignità del popolo Yazida, perseguitato in Iraq, e della rivoluzione delle donne del Rojava, in Siria.

Il tuo sostegno contribuirà alle spese di stampa, trasporto e allestimento della mostra, a Giugno, a Ginevra, dove sarà presentata alle Nazioni Unite nel corso della 29ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani.

In Italia, il progetto e la mostra verranno presentati successivamente a Imola, presso la sede dell'Associazione Trama di terre, che ha materialmente contribuito a parte del viaggio, compresa la mia partecipazione.

Qui potrai trovare tutte le informazioni, quelle che via via completeranno la narrazione, e seguire gli aggiornamenti e le anteprime del progetto.

Con un grazie grande, grande, ma grande
Anarkikka

Il pulsante in calce permette il versamento on line del contributo. Ricevuta la notifica, ti sarà inviato via mail il file in pdf per la stampa di alta qualità della tavola in omaggio (ti ricordo che il file è a tuo uso esclusivo, privato, e non commerciale).



8 aprile 2015

Il viaggio in Rojava di 13 donne: primo giorno, i campi. Kurdistan turco.

Il primo giorno visitiamo i campi.
Tende bianche in deserti di polvere, o piantate nel fango.

Occhi dappertutto. Ragazzini incuriositi dalla nostra presenza si accavallano gli uni sugli altri per essere fotografati. Hanno occhi grandi e spalancati. Giovani donne ferme sull'uscio delle tende ci osservano. Alcune, occhi smarriti, tornano dentro al nostro passaggio. Altre ci vengono incontro, occhi fieri, di chi non si lascia annientare.
L'unica cosa che si può trovare qui sono gli sguardi delle persone. Non hanno altro: i loro occhi e una tenda. Qui il futuro non esiste.

Cosa ne è stato di quello che c'era fino al giorno che ha spazzato via la vostra vita? Dei vostri figli, delle madri e dei padri, delle sorelle, della casa, del lavoro?

Ci raccontano quel giorno perché sanno che per il mondo esistono solo quando ricordano.
Chi se ne curerebbe, se non stessero lì a dirci come è andata?

Cosa è successo, quanti sono morti, come li hanno uccisi? Decapitati? o bruciati vivi? Quante donne stuprate? Quante rapite? E tu cosa hai fatto?
Io sono scappata, sulle montagne, e scappando ho preso i miei figli, ma il più piccolo non ce la faceva, ho dovuto lasciarlo lì.


2 aprile 2015

Sfatiamo il mito del multitasking!

Esce oggi la nuova vignetta per la rubrica di Anarkikka MUMble... MUMble, su Le Nuove Mamme

"Ormai impera il mito del #‎multitasking: “Le donne sono più brave, sanno organizzarsi meglio, sono straordinarie a districarsi in circostanze complicate.”

Balle! Smettiamola di raccontarcela così, di cedere alla lusinga.
E’ solo che siamo costrette, siamo allenate, siamo “adattate” alle circostanze.
E’ un merito che deriva dal doversi arrangiare da sole, un alibi che forniamo agli uomini, sollevandoli come al solito dalle loro responsabilità!

E’ una multipresa per il culo!
E ce la propinano bene."

Anarkikka